sabato 27 novembre 2010

Quando si guardano troppi film d'amore americani.

Una costruzione di carte larghe mezzo millimetro che stanno per essere buttate giù dal vento.
Un castello di sabbia che si sta sciogliendo sotto il sole. Mi affaccio alla finestra del castello, sono di sabbia pure io. Malleabile. Apparentemente compatta, ma friabile. Sono fatta di milioni, miliardi di granelli separati, l'uno indifferente all'altro. Ogni pezzetto va per fatti suoi. Scomposta. Divisa. E tu sei l'acqua. Quella che va sulla sabbia e la ricompatta, la incolla, la tiene unita. Ma l'acqua va a sbattere sulla riva anche senza volere, perchè è così che va. Perchè la sabbia non si sposta, e l'acqua fa solo il suo dovere. Ma insomma, se anche la sabbia dovesse andarsene, se tutti i granelli una mattina, indispettiti, dovessero fare le valigie e andare via, non credo l'acqua li seguirebbe. Prenderebbe a compattare altra sabbia. E' il suo dovere, non un suo piacere.
E allora la sabbia rimane lì, perchè le conviene, perchè nonostante tutto, anche se quando il mare si agita e porta con sè sabbia nuova, un po' si ingelosisce, le fa piacere restare là, bagnata, ma perlomeno unita. E non si può neanche darle torto. Che poi, la sabbia è anche un po' stupida. Pretendere di stare insieme al mare. Ma non si rende conto che lei è immobile, e che l'acqua non sta ferma un secondo? E' impossibile! Forse è per questo che si chiamano castelli di sabbia le cose irrealizzabili che abbiamo nella nostra testa.

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